5 Verità controintuitive sulla dipendenza affettiva

Dipendenza affettiva. Né con te né senza di te

Ti sei mai trovato in una relazione che vivevi con il tormento del “né con te né senza di te”? Una situazione in cui restare provoca una sofferenza costante, ma l’idea di andartene sembra ancora più insopportabile? È una sensazione simile a trovarsi in una prigione con la porta aperta: la via d’uscita è visibile, eppure non si riesce a varcarla.

La nostra cultura, attraverso film, canzoni e favole, ci ha insegnato un’idea dell’amore che spesso, invece di liberarci, ci intrappola. Ci ha venduto il mito di un’anima gemella che può magicamente curare ogni ferita e riempire ogni vuoto, lasciandoci impreparati alla realtà delle relazioni umane.

Questo articolo distilla cinque delle intuizioni più sorprendenti e trasformative tratte dal libro “Dipendenza affettiva. Né con te né senza di te” di Erio Maffi, che applica il rivoluzionario modello del Sistema Familiare Interno (IFS) dello psicoterapeuta Richard Schwartz a questa dolorosa dinamica. Queste verità controintuitive ti offriranno una nuova prospettiva su queste dinamiche dolorose, illuminando la strada per uscirne non con più forza di volontà, ma con una più profonda comprensione di te.

Le 5 verità controintuitive
1 L’amore non ti salverà: il pericoloso mito del salvataggio romantico

Il primo e più grande inganno che ci viene raccontato è quello che lo psicoterapeuta Richard Schwartz definisce il “mito del salvataggio romantico”. È l’idea, promossa ovunque nella nostra cultura, che esista una persona speciale, un’anima gemella, capace di curare magicamente le nostre ferite, riempire i nostri vuoti e renderci finalmente “completi”.

Questa è un’aspettativa tanto seducente quanto pericolosa. Affidare a un’altra persona il compito di renderci felici e sicuri è come aggrapparsi a un salvagente umano per non affogare: all’inizio funziona, ma nessun partner può sostenerci per sempre. Prima o poi si stancherà o avrà bisogno di nuotare per sé, e noi ricominceremo ad affondare, sentendoci traditi. Questo fallimento non è solo una delusione esterna; innesca un dramma complesso tra le diverse parti che compongono la nostra psiche.

Questa credenza non è la soluzione alla nostra sofferenza, ma spesso ne è la radice stessa. Aspettarsi di essere salvati da un partner è la premessa fondamentale su cui si costruisce la dipendenza affettiva.

Schwartz la definisce un “inganno crudele”, ed è crudele perché ci spinge a cercare una soluzione impossibile.

2. Non sei una persona “sbagliata” o “debole”: sei un complesso sistema di parti interne

 

Se ti senti in conflitto, diviso tra la decisione di restare e quella di andare, non è perché sei debole o incoerente. Secondo il modello del Sistema Familiare Interno (IFS), la mente non è un’entità unica e monolitica, ma è composta da diverse “parti” che interagiscono tra loro, proprio come i membri di una famiglia. Questo modello spiega perché il mito del salvataggio è così potente: in assenza di un genitore interno amorevole e stabile (quello che l’IFS chiama il “Sé”), la nostra parte infantile più ferita proietta disperatamente quel ruolo sul partner, chiedendogli di compiere una missione impossibile.

Queste parti assumono ruoli diversi, spesso in conflitto tra loro:

Il bambino/a interiore: È la parte più vulnerabile di te, quella che porta le ferite emotive dell’infanzia: la paura dell’abbandono, il dolore di non essere stato visto, la vergogna del rifiuto. È la sua sofferenza che l’intero sistema cerca di proteggere.

Le parti protettive: Sono i “manager” o “guardiani” del tuo sistema. Il loro obiettivo è gestire proattivamente la tua vita per prevenire che la ferita del bambino interiore venga toccata di nuovo. Usano strategie come il controllo ossessivo, il compiacimento degli altri o la negazione della realtà. Sono le parti che ti dicono: “Devi essere forte”, “Non fidarti”.

Le parti reattive: Sono i “pompieri” del sistema. Intervengono dopo che la ferita è già stata toccata e il dolore è esploso. Il loro unico obiettivo è spegnere l’incendio emotivo il più velocemente possibile, usando strategie estreme e impulsive: abbuffate, scoppi di rabbia, l’invio di messaggi disperati nel cuore della notte.

Il tormento del “vado o resto” non è un segno di debolezza. È una lotta interna tra queste parti, ognuna delle quali crede sinceramente di agire per il tuo bene.

3. Il tuo Critico interiore

 

Quella voce spietata nella tua testa che ti attacca dopo ogni “errore” (“Sei patetico”, “Non hai dignità”, “Sei un fallimento”), non è un nemico da sconfiggere. Per quanto possa sembrare incredibile, il Critico interiore è una parte protettiva con un’intenzione positiva, seppur espressa in modo disfunzionale.

La sua “logica distorta” è questa: crede che attaccandoti con vergogna e giudizi spietati possa motivarti a cambiare e, così facendo, proteggerti da un rifiuto esterno o da ferite ancora più profonde. È come se ti dicesse: “Ti attacco io, prima che lo faccia qualcun altro, così sarai preparato e forse cambierai”.

In realtà, questa strategia non solo non funziona, ma rafforza la dipendenza. La vergogna che genera non motiva, ma paralizza, confermando la convinzione di fondo di essere una persona “difettosa” e, quindi, ancora più bisognosa dell’approvazione esterna per sentirti di valore. Imparare a cambiare la relazione con il Critico interiore, passando dalla lotta alla curiosità, è un passo fondamentale per la guarigione.

4. Sforzarti di più ti fa affondare di più

 

Hai mai notato che più ti sforzi razionalmente di uscire da una relazione tossica, più ti senti sprofondare? Questo accade a causa della “spirale delle sabbie mobili”, una metafora perfetta per descrivere perché la forza di volontà da sola fallisce.

Il ciclo funziona così:

L’altra persona si allontana o ti delude, attivando un terrore primordiale nel tuo bambino interiore, che si sente abbandonato e in pericolo di vita.

Le tue parti razionali e protettive cercano di gestire la situazione con la logica (“Devo resistere”, “Non dovrei scrivergli”), ma non riescono a calmare il panico del bambino interiore.

Il dolore diventa insopportabile. Le parti reattive (“i pompieri”) prendono il controllo totale per spegnere l’incendio, portandoti ad “agitarti freneticamente”: invii messaggi impulsivi, corri dall’altra persona, accetti condizioni umilianti.

Questo agitarsi, come nelle vere sabbie mobili, ti fa sprofondare ancora di più. Alla delusione si aggiungono la vergogna e l’autocritica, che confermano il tuo senso di inadeguatezza e intensificano il bisogno dell’altro.

La via d’uscita, contro intuitivamente, non è lottare più duramente, ma fare l’opposto: fermarsi, smettere di agitarsi e rivolgere l’attenzione all’interno.

5. La vera guarigione è una “Inversione a U”

 

Per tutta la vita, probabilmente hai cercato la soluzione al tuo dolore all’esterno: in un partner che potesse finalmente vederti, amarti e farti sentire al sicuro. La vera guarigione, secondo Schwartz, richiede un cambio di direzione fondamentale, una “inversione a U”.

Questo significa smettere di cercare la salvezza in un’altra persona e rivolgersi verso l’interno, per accedere a quella che è la tua risorsa più profonda: il Sé. Il Sé non è una parte, ma la tua essenza più autentica. È quella presenza calma, curiosa, compassionevole e coraggiosa che esiste in ognuno di noi, anche se spesso è sepolta sotto le nostre parti protettive e reattive.

Accedere al Sé significa che puoi diventare tu stesso il “genitore interno” che il tuo bambino interiore non ha mai avuto. Puoi offrire a te stesso, dall’interno, quella sicurezza, quel valore e quell’amore incondizionato che hai disperatamente cercato negli altri. Quando il bambino interiore si sente finalmente al sicuro con te, le parti possono rilassarsi e la dipendenza inizia a sciogliersi. Tutta la filosofia della guarigione è riassunta nel titolo stesso del testo di riferimento di Schwartz su questo argomento:

Sei tu la persona che stai aspettando.

Conclusione: La Libertà di Scegliere

 

La dipendenza affettiva non è un difetto del carattere o una mancanza d’amore. È il risultato di un complesso sistema interno che, nel tentativo di proteggerti da antiche ferite, ha finito per intrappolarti. La vera libertà non si trova cambiando partner o sforzandoti di essere più forte, ma trasformando la relazione che hai con te stesso. La chiave per uscire dalla prigione non è forzare la porta aperta, ma voltarsi e capire perché una parte di te è così terrorizzata all’idea di andarsene.

Comprendere che non sei “sbagliato”, ma composto da parti con intenzioni positive, ti permette di sostituire il giudizio con la compassione. Capire che il salvatore che cerchi non è fuori, ma dentro di te, sposta il potere nelle tue mani.

E se la persona che hai sempre aspettato per salvarti e riempire quel vuoto non fosse là fuori, ma fosse già dentro di te, pronta a riemergere?

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